Un itinerario attraverso la Divina Commedia
Il 25 marzo è il Dantedì, la giornata dedicata al grande poeta Dante Alighieri, recentemente istituita dal Governo Italiano. Quest’anno le celebrazioni dantesche saranno ancora più ricche di eventi poiché ricorre il 700° anniversario dalla morte del sommo poeta.
Ma perché è stato scelto proprio il 25 marzo? Secondo gli studiosi, il 25 marzo sarebbe la data in cui Dante inizia il viaggio ultraterreno nella Divina Commedia. Inoltre, il poeta è ricordato per aver celebrato l’Italia, dandole un’identità, molto tempo prima che questa diventasse una nazione.
Cosa c’entra tutto questo con la nostra regione? Semplice, il viaggio di Dante, non solo attraversa luoghi rimasti impressi nella memoria di ogni studente, ma è anche fatto di incontri con personalità della sua epoca o personaggi vissuti in precedenza che vengono ricordati per l’impronta che hanno lasciato nella storia.
Ed ecco che molti di questi personaggi citano i luoghi di loro provenienza o quelli in cui hanno vissuto e compiuto celebri gesti.
Iniziamo allora il nostro viaggio sulle orme del sommo poeta, attraversando i luoghi danteschi della nostra regione seguendo l’itinerario di Giulio Ferroni e del suo libro “L’Italia di Dante – Viaggio nel paese della Commedia”, edito dalla Nave di Teseo e realizzato in collaborazione con la società Dante Alighieri.
Nel libro, che è un vero e proprio itinerario in Italia, sulle orme di Dante Alighieri si toccano anche alcune città e località delle Marche di cui si ha diretta testimonianza nella Commedia, ma anche da altri documenti coevi del poeta.
Tuttavia, nella nostra regione ci sono anche altri luoghi suggestivi legati al sommo poeta divenuti celebri grazie alla tradizione, ma non supportati da adeguati documenti storici. Poiché si tratta di luoghi affascinanti ed imperdibili li abbiamo inclusi ugualmente nel nostro itinerario.
La Rocca di Gradara
Amor, ch’a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m’abbandona.
Amor condusse noi ad una morte:
Caina attende chi a vita ci spense».
(Inf. V, 103-107)
Sono sicuramente i versi più celebri della Divina Commedia.
Si tratta delle parole pronunciate da Francesca da Polenta, figlia del signore di Ravenna e del cognato Paolo Malatesta, fratello di Gianciotto che la giovane aveva sposato in seguito ad un matrimonio combinato per favorire l’interesse delle due famiglie.
Paolo e Francesca sono i protagonisti di una vicenda d’amore e di adulterio, tanto che i due giovani vengono descritti nel girone dei lussuriosi. La vicenda era probabilmente nota ai contemporanei di Dante, ma di essa non abbiamo alcuna testimonianza scritta.
Tuttavia, secondo una diffusa tradizione, l’amore e l’assassinio dei due amanti sarebbe avvenuto nella Rocca di Gradara che nel Medioevo era un possedimento dei Malatesta. Una suggestiva architettura che affonda le sue origini nell’XI secolo, poi ampliata nel XIII secolo per essere poi ricostruita nei primi anni del ‘900, secondo un modello di architettura rinascimentale. La Rocca di Gradara si trova al centro del caratteristico borgo interamente circondato dalle mura che sorge al confine tra le Marche e la Romagna.
Fiorenzuola di Focara
E fa saper a’ due miglior da Fano,
a messer Guido e anco ad Angiolello,
che, se l’antiveder qui non è vano,
gittati saranno fuor di lor vasello
e mazzerati presso a la Cattolica
per tradimento d’un tiranno fello.
Tra l’isola di Cipri e di Maiolica
non vide mai sì gran fallo Nettuno,
non da pirate, non da gente argolica.
Quel traditor che vede pur con l’uno,
e tien la terra che tale qui meco
vorrebbe di vedere esser digiuno,
farà venirli a parlamento seco;
poi farà sì, ch’al vento di Focara
non sarà loro mestier voto né preco.
(Inf. XXVIII, 96-90)
In questo passo della Divina Commedia dantesca è Pier da Medicina a mettere in guardia Dante parlando di due nobili fanesi esponenti di due famiglie particolarmente in vista in città. Si tratta di Guido del Cassero, esponente di una famiglia guelfa, e Angiolello da Carignano, esponente di una famiglia ghibellina, che erano partiti da Fano a bordo di una imbarcazione diretti a Cattolica, attratti da Malatestino Malatesta, signore di Rimini, il quale in realtà ambiva alla signoria di Fano.
L’evento avvenuto intorno al 1310 racconta che i due fanesi si trovavano sulla loro imbarcazione quando furono gettati in mare e uccisi presso Cattolica. Fiorenzuola di Focara, incantevole borgo nei pressi di Gradara, con il relativo tratto di mare e il promontorio che lo sovrasta (ovvero il Parco naturale regionale del San Bartolo) era un luogo particolarmente noto ai naviganti a causa del vento. Si racconta inoltre che nel Medioevo, nel grazioso borgo affacciato sul mare si accendessero continuamente fuochi per avvisare i naviganti del pericolo di vento contrario in questo tratto di costa.
Ad ogni modo i versi danteschi oggi campeggiano sopra la porta di accesso al borgo di Fiorenzuola di Focara, piccolo centro aggrappato ai fianchi del Monte San Bartolo, uno dei caratteristici e rari promontori lungo la costa adriatica (oltre al Monte Conero e al promontorio del Gargano in Puglia).
Urbino
ch’io fui d’i monti là intra Orbino
e ‘l giogo di che Tevere si disserra.
(Inf. XXVII 29-30)
Protagonista di questo canto dell’Inferno è Guido da Montefeltro, esponente di una famiglia ghibellina che con i suoi successori estenderà il suo dominio nell’area a nord delle Marche. Guido da Montefeltro era un personaggio particolarmente noto ai tempi di Dante, abile condottiero e successivamente frate francescano per espiare le proprie colpe, in particolare quella di aver dato un consiglio fraudolento a Papa Bonifacio VIII.
In particolare Guido da Montefeltro si informa sulla condizione della sua terra: in pratica intende sapere se è in guerra poiché molte città erano dominate all’epoca da famiglie particolarmente influenti come i Da Polenta a Ravenna, i Malatesta a Rimini e gli Oderlaffi a Faenza.
Guido da Montefeltro si dichiara originario della zona posta tra Urbino e il Monte dove nasce il Tevere ed aveva ottenuto la signoria di Urbino che raggiungerà il suo maggior splendore con Federico II, promotore del Palazzo Ducale diventato il simbolo dell’architettura rinascimentale italiana.
Urbino evoca anche altri ricordi, essendo una città in cui si scende e si sale, come testimoniato anche da altri scrittori nel corso dei secoli. Le strade in salita e in discesa si incontrano nella centrale Piazza della Repubblica, dove sorge il Collegio Raffaello che richiama alla memoria la presenza di un altro celebre poeta italiano, Giovanni Pascoli che qui ha trascorso il periodo dei suoi studi.
Monte Catria
Tra ‘ due liti d’Italia surgon sassi,
e non molto distanti a la tua patria,
tanto che ‘ troni assai suonan più bassi,
e fanno un gibbo che si chiama Catria,
di sotto al quale è consecrato un ermo,
che suole esser disposto a sola latria.
(Par. XXI, 106-111)
Santa Croce di Fonte Avellana
“Quivi
Al servigio di Dio mi fe’ si fermo,
che pur con cibi di liquor d’ulivi
lievemente passava caldi e geli,
contento ne’ pensier contemplativi.
Render solea quel chiostro a questi cieli
fertilmente; e ora è fatto vano,
sì che tosto convien che si riveli.
In quel loco fu’ io Pietro Damiano…”
(Par. XXI 113-121)
I versi relativi al Monte Catria e al Monastero di Santa Croce di Fonte Avellana vengono fatti pronunciare a San Pier Damiani, un monaco nato a Ravenna nel 1007, noto per aver scritto la storia della Vita di San Romualdo, fondatore dell’ordine camaldolese. San Pier Damiani si trova nel cielo di Saturno e durante la sua vita si scaglia contro il lusso dei prelati e la simonia (la compravendita delle cariche ecclesiastiche).
San Pier Damiani è stato priore del Monastero di Santa Croce di Fonte Avellana, che si trova ai piedi del Monte Catria, dove ci si può dirigere per una piacevole escursione, prima o dopo aver visitato l’edificio religioso.
Del Monastero di Santa Croce di Fonte Avellana, San Pier Damiani è stato priore per ben 14 anni, a partire dal 1035. Particolarmente suggestivo è lo scriptorium del monastero voluto proprio da San Pier Damiani, facendone non solo un luogo intriso di forte spiritualità, ma un faro della cultura europea.
Inoltre, all’interno del Monastero è visibile la cella che è stata di San Romualdo, fondatore dell’ordine poi riformato da San Pier Damiani.
Fano
Ond’io, che solo innanzi a li altri parlo
ti priego, se mai vedi quel paese
che siede tra Romagna e quel di Carlo,
che tu mi sie di tuoi prieghi cortese
in Fano, sì che ben per me s’adori
pur ch’i’ possa purgar le gravi offese.
(Purg. V, 67-72)
In questi versi a prendere la parola è il guelfo Jacopo del Cassero che colloca Fano, la sua città tra la Romagna e il Regno di Napoli. È il luogo dove termina la via Flaminia, una delle principali strade consolari romane. I resti romani della città, chiamata all’epoca Fanum Fortunae, sono visibili in alcuni punti e in particolare nell’Arco di Augusto, celebre monumento che accoglie turisti e locali all’ingresso della città.
Jacopo del Cassero è collocato da Dante nell’Antipurgatorio e prega Dante di intercedere con i suoi concittadini affinché possano abbreviare il suo periodo di attesa per poi passare ad espiare i vari peccati nei gironi della montagna del Purgatorio.
Successivamente Jacopo del Cassero narra la sua morte, avvenuta nel 1298 quando da Bologna (città in cui aveva rivestito la carica di podestà) si stava recando a Milano per rivestire la medesima carica. Lungo la strada però, gli fu teso un agguato da parte di Azzo VIII d’Este rimanendone ucciso.
Qualche tempo dopo la sua morte il suo corpo torna nella città natale per essere sepolto nella Chiesa di San Domenico, ora sede della pinacoteca. Del suo monumento funebre resta una lapide che ricorda il tradimento e il fatto che se Jacopo del Cassero avesse imboccato un’altra strada, passando da Padova, sarebbe sfuggito all’agguato che gli era stato teso.
Oggi, la città di Fano, oltre ad essere famosa per il suo Carnevale che è uno dei più antichi d’Italia, mostra anche molte tracce del dominio dei Malatesta che hanno governato la città dalla fine del XII secolo al 1463. Tra i monumenti più significativi ricordiamo: le tombe malatestiane addossate alla caratteristica Chiesa di San Francesco - un edificio di cui restano solo le pareti laterali – e la rocca malatestiana che sorge sulle antiche mura romane della città.
Da Urbisaglia a Senigallia
Se tu riguardi Luni e Orbisaglia
come son ite, e come se ne vanno
di retro ad esse Chiusi e Sinigaglia ….
(Par. XVI 73 -75)
In questi versi della Divina Commedia Dante parla con il suo antenato Cacciaguida che nomina le due città marchigiane accanto ad altre due città toscane citandole come emblemi di decadenza, minacciando la stessa fine per il destino di Firenze.
Sia Urbisaglia sia Senigallia erano state due città fiorenti durante il periodo romano poi rifiorite in seguito.
La colonia romana di Urbs Salvia era piuttosto estesa, sviluppata lungo una direttrice di primaria importanza e a valle dell’attuale abitato dove si conservano i resti del grande anfiteatro, del teatro e del criptoportico, un edificio religioso molto probabilmente dedicato alla Salus Augusta. Urbisaglia rinasce nel medioevo, ma sul colle in posizione ben più sicura per il periodo e l'abitato si sviluppa attorno ad una poderosa Rocca.
Senigallia invece rifiorisce nel Rinascimento grazie alla famiglia dei Della Rovere, per poi passare sotto il controllo della chiesa. Infine, vive un periodo florido nel Settecento, come dimostrano alcune architetture: i Portici Ercolani e il Foro annonario, simboli della fiera che in quel periodo animava la città.
Santa Maria di Portonovo
« In quel loco fu’ io Pier Damiano,
e Pietro Peccator fu’ ne la casa
di Nostra Donna in sul lito adriano. »
(Canto XXI, vv. 120-123)
Questo canto già analizzato in precedenza, che ha come protagonista San Pier Damiani è significativo perché secondo alcuni studiosi credono che la Chiesa dedicata alla Madonna sul litorale sia proprio la suggestiva Chiesa di Santa Maria di Portonovo. È noto che San Pier Damiani durante la sua vita si ritira a vivere in un luogo appartato: nei versi della Commedia si definisce peccatore e sappiamo che normalmente i monaci erano soliti trascorrere questi periodi lontano dai loro luoghi di origine. Poiché San Pier Damiani era originario di Ravenna, gli studiosi credono che si sia ritirato in questa chiesa che originariamente faceva parte di un complesso monastico benedettino.
Santa Maria di Portonovo è una chiesa romanica eretta tra il 1034 e il 1050 e colpisce per la sua estrema semplicità e la sua eleganza allo stesso tempo.
La chiesa oggi si trova all’interno del Parco Regionale del Monte Conero, in un luogo estremamente affollato in estate e sorge proprio sulla riva. Però, osservando il paesaggio circostante si può notare come sia un territorio estremamente bello, ma molto fragile: nel 1320 infatti la chiesa è stata abbandonata a causa dei terremoti e delle frane che avevano provocato la distruzione di alcune strutture, tra cui la torre che sorgeva accanto all’edificio.
Fiume Tronto
…da ove Tronto e Verde in mare sgorga.
(Par. VIII, 63)
Fiume Castellano
Or le bagna la pioggia e move il vento
di fuor dal regno, quasi lungo ‘l Verde,
dov’è le trasmutò a lume spento.
(Purg. III, 130-132)
I versi danteschi ricordano il Fiume Tronto che segna il confine verso l’Abruzzo e il Fiume Verde che alcuni studiosi identificano con il Fiume Castellano. Quest’ultimo fiume ad Ascoli Piceno confluisce nel fiume Tronto per poi sfociare nell’Adriatico.
In particolare nei versi del Purgatorio Dante conversa con Manfredi che ricorda lo scempio del proprio cadavere portato lontano dal luogo in cui era stato sepolto nei pressi di Benevento.
Quel luogo fuori dal regno ha fatto pensare agli studiosi alle Marche e ha portato all’identificazione del fiume Verde con il fiume Castellano, secondo una radicata tradizione.
Percorrere le Marche sulle orme di Dante Alighieri può essere piuttosto affascinante, sebbene alcuni luoghi sono identificati senza ombra di dubbio nella Divina Commedia, mentre altri sono stati associati con maggiori difficoltà dagli studiosi alla Commedia dantesca. Ci auguriamo che l’itinerario proposto vi sia piaciuto e che costituisca un suggerimento in più per visitare la nostra regione!
Dai un’occhiata alla mappa e lasciati ispirare dalle località citate nella Commedia per pianificare un viaggio sulle orme del grande poeta!
Ti aspettiamo nelle Marche!
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